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Dottor Marco Maria Giardina - Dietologo ed Endocrinologo a Roma | Dimagrire in salute

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Obesità

Quali Sono gli Strumenti, Fisici o Psicologici, che Ottengono Maggiori Risultati nel Mantenere i Pazienti Motivati e nell’Evitare Sgarri o un Ritorno ad Abitudini Alimentari Sbagliate?

Innanzitutto giova ricordare che l’obesità è una patologia cronica e che va considerata tale già dal primo momento in cui essa si presenta.
Pertanto non è realistico pensare di potersene liberare “una volta per tutte” e per giunta in tempi brevissimi!

Ciò non significa però che non si possa ottenere una iniziale, drastica e rapidissima riduzione del peso corporeo, ricorrendo a regimi dimagranti estremi (soltanto per pazienti che non presentino preclusioni a tali trattamenti e sempre sotto la guida strettissima di un medico specialista esperto).

Va comunque considerato che le diete fortemente restrittive, che sono tutte quelle a base proteica, devono necessariamente avere una durata limitata nel tempo. Questi regimi dietologici, quali la dieta col Sondino, le VLCD (ossia le diete a bassissimo tenore calorico), e comunque tutte le diete chetogenetiche, mirano alla diminuzione-lampo del tessuto adiposo in assenza di fame per opera della chetosi, e con la protezione della massa magra (muscoli, ossa, ecc.) grazie all’apporto proteico.
La loro durata non può che essere limitata nel tempo per svariati motivi, quali la tollerabilità del cambiamento drastico delle abitudini alimentari e lo stress cui l’organismo è sottoposto sia sul piano organico che su quello psicologico.

Quindi, se è vero che queste strategie dimagranti rapide possono essere utilmente attuabili per un limitato periodo, per “rompere” con le abitudini alimentari sbagliate, è anche vero che le stesse non sono più concepibili nella fase successiva a quella del dimagrimento, cioè quella del mantenimento dei risultati comunque raggiunti!
Nella fase di mantenimento infatti, dopo che l’organismo si è “resettato”  raggiungendo un nuovo e migliore equilibrio, viene richiesto al paziente di mantenere le correzioni apportate alle proprie abitudini alimentari, seguendo una alimentazione variata ed equilibrata, unitamente ad una opportuna ed indispensabile attività fisica per il resto della vita, in modo tale da non  ricadere nel riacquisto del peso in eccesso. Pertanto, nella fase intermedia del dimagrimento, qualunque regime dietetico dovrebbe sfumare nel mantenimento, mirando ad un lentissimo e sereno calo dell’eccesso ponderale residuo, cercando il miglior compromesso fra l’efficacia nel raggiungimento di tale finalità e la vivibilità della dieta.

Categorie dell'Articolo: Dieta, Generale, Motivazione, Obesità, Sondino

Diete Proteiche, Diete Dissociate, Diete a Blocchi: Sono Davvero Efficaci o Sono Solo Frutto di Marketing e Moda? Quali Principi da Queste Varie Diete Andrebbero Inseriti Nella Propria Dieta? E Quali Andrebbero Evitati?

Molte sono le strategie, unico è il fine: perdere peso stabilmente e con massimo risparmio della massa magra e delle regole che ci detta la stessa Madre-Natura!

Sta al medico specialista esperto adottare, per quel dato paziente, la strategia dimagrante migliore, tenendo conto dei suoi gusti, delle sue inclinazioni, della sua personalità e del suo psichismo. Ci sono molti pregiudizi e molte idee sbagliate sulle diete. Non ci sono alimenti buoni o cattivi: ogni alimento deve e può essere assunto nel giusto modo e nella giusta misura, tenendo conto del metabolismo e dell’individualità del paziente di cui ci si prende cura.

Inoltre bisogna sempre aver presente che quel che conta è la durata dei successi ottenuti, che può solo essere conseguente ad un modo di alimentarsi che possa essere facilmente accettato e seguito dal paziente.
Diversamente ogni successo avrà un carattere di temporaneità e sarà destinato a non raggiungere appieno lo scopo.

Ricordo inoltre che le inutili, forzate e drammatiche variazioni di peso non giovano all’organismo, né al mantenimento del peso raggiunto!
Meglio accontentarsi di un calo modesto ma mantenibile, piuttosto che impegnarsi in mostruose riduzioni del peso in breve tempo, insostenibili  successivamente nel lungo periodo. Il riacquisto del peso perso troppo rapidamente, che spesso si verifica al termine di questi severi regimi dimagranti superando addirittura il peso di partenza, può indurre uno stress psicofisico nel paziente che, a causa della frustrazione delle sue aspettative, perde l’autostima predisponendosi quindi ad una visione nevrotica del problema, foriera di ulteriori fallimenti e frustrazioni!

Categorie dell'Articolo: Attività Fisica, Dieta, Generale, Obesità

La Dieta di un Paziente Obeso Differisce Molto da Quella di un Paziente che Vuole Solo Migliorare La Qualità della Propria Alimentazione?

Più che di dieta, parlerei di strategia di dimagrimento. L’obeso spesso presenta esigenze che impongono una significativa perdita di peso in un  tempo ragionevolmente breve. Pertanto in questi casi l’azione del medico specialista esperto è fondamentale e delicata. In questa fase è utile a mio avviso, anche un eventuale impiego farmacologico, purchè oculato e considerato nell’ottica del costo-beneficio. Una volta ottenuta una prima riduzione del peso del paziente obeso, la strategia dimagrante va cambiata, rientrando nel discorso del medio-lungo termine sul quale ogni trattamento dimagrante dovrebbe essere basato.

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Quali Sono le Implicazioni Positive Conseguenti ad una Perdita di Peso?

Una corretta perdita di peso, anche modesta, rappresentata da una riduzione ponderale del 5-10%, purchè si sia realizzata a scapito prevalente della massa grassa con buona conservazione della massa magra,  giova a tutto l’organismo, sia sul piano metabolico, sia sul versante muscolo-scheletrico che sull’apparato cardio-vascolare. Ad esempio minore stress su ginocchia e articolazioni, minore incidenza di ischemie, migliore resistenza agli sforzi fisici, ecc.

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Avendo un Teorico “Paziente Modello”, Quali Sono le Tempistiche per il Raggiungimento di Risultati Sensibili con una Dieta, Possibilmente il Sondino, ed una Moderata Attività Fisica?

I tempi sono solitamente rapidissimi, maggiormente per i soggetti di sesso maschile. La donna, è generalmente più resistente al calo di peso per ragioni ormonali (in quanto soggetta a gravidanza e quindi tutrice della procreazione, tende a mantenere le riserve adipose, come se la Natura la proteggesse dalla loro perdita). In ogni caso, applicando questa tecnica per periodi di dieci giorni alternati a pari periodi di mantenimento e stabilizzazione del peso ottenuto, si ha un calo che, nel mese può oscillare tra il 5%  ed il 15%  del peso iniziale.
Ovviamente, maggiore è il peso iniziale e maggiore sarà il calo, che però tende progressivamente a ridursi man mano che il peso stesso si riduce.
Mi spiego: quanto detto e quanto sto per spiegare vale in ogni impresa vòlta alla riduzione di peso. Non sono concetti intuitivi, ma con un po’ di pazienza e di attenzione tutti dovremmo acquisirli e… ricordarli frequentemente!
Poniamo che una persona sia alta 1,65 e pesi 100 kg. Questa persona avrà quindi un B.M.I. o I.M.C. : Indice di massa corporea) pari a 36,73 (compreso tra 35 e 40, quindi obesità severa di secondo grado).
A seconda dell’età e del sesso, (per inciso, osservate quante variabili incidono sul fabbisogno calorico!) via sarà appunto, un certo fabbisogno calorico per mantenere il peso in atto: 100 kg ed un fabbisogno calorico per mantenere il peso teorico (quello ottimale con un I.M.C. inferiore a 25).
Per comodità poniamo che il nostro soggetto sia un uomo di 57 anni, alto appunto 1,65 mt con un peso di 100 kg, che quindi come già calcolato, presenti un I.M.C. pari a 36,73.
Costui, per mantenersi a 100 kg ha un fabbisogno calorico giornaliero di 2.039 Kilocalorie circa. Per mantenere il peso di arrivo (poniamo sia di 81,4 Kg, corrispondente ad un I.M.C. di 29,9) ha un fabbisogno di 1823 Kilocalorie.
La differenza calorica fra i due fabbisogni è di sole 215,73 kilocalorie.
Dobbiamo considerare però, che nel peso iniziale è compresa una certa quantità di acqua che nel caso di specie sarà pari a circa due litri e mezzo, che verrà rapidamente persa, aggiungendosi alla perdita di grasso che inizierà e proseguirà gradualmente. Poniamo che questo soiggetto, compatibilmente con il regime seguìto, perda nel primo mese 10 kg. Di questi non dimentichiamo che 2,5 litri circa, sono costituiti da acqua e, che questo stesso soggetto riacquisterebbe in due giorni circa, qualora interrompesse la dieta. Questa perdita di acqua è come un “bonus” o una cauzione che si lascia all’inizio e si riprende al termine di ogni trattamento dimagrante.
Questo paziente all’inizio perdeva al giorno circa 333 grammi (compresi i 2,5 litri di acqua). Ora che il suo peso è diminuito a 90 kg, diminuirà consensualmente anche il fabbisogno calorico per mantenere quest’ultimo peso (90 Kg, appunto). Esso sarà all’incirca di 1.923 Kcalorie/die, quindi circa 116 Kcal/die meno di prima. Questo comporterà un allungamento del tempo per perdere un kg di grasso (che è pari a circa 7000 kilocalorie).
A questo poi si aggiunge la tendenza dell’organismo ad abbassare consensualmente il metabolismo man mano che il peso scende come meccanismo protettivo, in quanto esso percepisce il calo di peso come un pericolo per la sopravvivenza.

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Quali Sono i Più Comuni Fattori che Determinano l’Obesità?

Lo stesso termine “Obesità” deriva dal latino, e precisamente dai due termini “ob” e “edere”, il cui significato è: “a causa del mangiare”.
E’ quindi antica la connessione dell’obesità come conseguenza dell’eccesso di alimentazione. Anzi, a pensarci bene, la radice di questo concetto è antichissima, dal momento che, addirittura sul “Codice di Hammurabi” (re di Babilonia vissuto circa 1800 a.C.) si legge la domanda: “Puoi ingrassare se non mangi?”
Dunque è quasi inerziale per la nostra mente mettere in relazione l’obesità con l’iperfagìa. D’altronde, è anche vero che, malgrado oggi si riconoscano anche altre concause che possono essere genetiche, psicologiche, endocrinologiche, ecc., resta sempre valido il principio che, almeno fino ad oggi, per porre riparo all’obesità bisogna necessariamente limitare l’intròito alimentare mangiando meno ed aumentare il dispendio energetico muovendosi di più!
Questo principio-guida, nella sua disarmante semplicità ed evidenza, indica già “in nuce” la causa del fenomeno ed il suo rimedio. Pertanto, una volta rimossa ogni altra concausa, bisogna mettere in atto la semplice regola appena espressa: mangiare di meno e muoversi di più, considerando che è per noi esseri viventi in generale, muoversi è indispensabile come nutrirsi, e che i due atti hanno parti dignità.
Non dobbiamo infatti dimenticare che noi abitanti nell’opulento occidente, stiamo vivendo un’esperienza unica nella storia dell’umanità, che consiste appunto nel doverci difendere dall’eccesso di cibo, laddove, anche per noi, nel recente passato, il problema principale era quello di poter ottenere il “pane quotidiano” e quindi poter mangiare tutti i giorni.
Il motivo per il quale non si è mai posta la giusta ènfasi sull’esigenza di doversi muovere, dipende proprio da questo: il problema era avere cibo per sopravvivere, non quello di doversene privare, spesso per futili problemi estetici!
A questo poi dobbiamo aggiungere una importante considerazione da ricordare: siamo stati concepiti per guadagnarci il cibo con fatica e rischio e non per rifiutarlo quando ci è offerto in abbondanza!
E’su questa considerazione che dobbiamo riflettere per convincerci dell’estrema necessità di tenere in attività le nostre articolazioni, che vengono offese dall’immobilità e dal conseguente aumento di peso.
Il  movimento inoltre è indispensabile anche per il corretto e fisiologico funzionamento del nostro metabolismo, del nostro apparato cardiovascolare, ecc.
Il fabbisogno di insulina per metabolizzare gli zuccheri diminuisce infatti in presenza di attività fisica. Il nostro cuore migliora le sue prestazioni e tutto l’organismo si giova della corretta attività fisica.
L’appetito, come altri istinti naturali quale ad esempio la libido sessuale, sono stati snaturati dal benessere e piegati ai fini consumistici e del business, ed usati, lungi dall’esigenza primordiale di conservazione della vita, quali strumenti di mero piacere e godimento sfrenato. Così si giustifica la tendenza a produrre cibi sempre più calorici, sempre più elaborati e ricchi di ingredienti al fine di evocare piacere più che soddisfare le esigenze nutrizionali. E, muovendosi molto meno, nel perseguimento di una vita comoda e priva di ogni senso di fatica, ci si nutre sempre di più ed in modo smodatamente innaturale.

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